COME SE FINISSE IL MONDO
Fotografie e selezione dei testi di Chiara Castiglioni
Voce narrante: Davide Barbato
La mostra si suddivide in due sezioni: la prima è dedicata alla malattia mentale, la seconda alla guerra.
Le foto (in bianco e nero e a colori) raccontano la vita all’interno di una comunità psichiatrica in provincia di Torino (ex-ospedale psichiatrico di Collegno – 1995) e di un campo profughi in ex-Jugoslavia (Postojna – Slovenia – 1994).
Uno sguardo poetico raffigura la fragilità e la vulnerabilità umana, filo conduttore di entrambe le raccolte (dall’intensità astratta di alcuni primi piani a scene collettive di vita quotidiana).
Sia l’esperienza della malattia mentale, che quella della guerra, conducono l’individuo alla perdita radicale e incolmabile di senso, alla dissolvenza tragica del mondo: “Devo pur sapere che razza di cervello possiedo…o sto per impazzire o mi hanno tolto la capacità di integrare tutto…ho visto tutto in pezzi e vedo tutto in pezzi….Mi sentivo strano, diverso, irriconoscibile a me stesso…tutte le cose mi apparivano contorte, sinistre, spaventose, come un’atmosfera cupa in cui si spengono tutti i lamenti….non ho mai provato una simile angoscia…vedere tutto distorto…era come se improvvisamente fossero cambiate le dimensioni dello spazio, e mi è venuto in mente come se finisse il mondo…”; “Sono terrorizzata. Ho una sofferenza terribile. Sono eterea, inconsistente, mi sento tagliata in molte parti…sono disperatamente sola. Le cose che vedo in questo istante hanno un significato particolare che non so decifrare, ma in esse c’è il segno preciso di una imminente fine del mondo” (parole di pazienti psichiatrici in Borgna E. Come se finisse il mondo. Il senso dell’esperienza schizofrenica). In modo analogo l’irruzione della guerra frammenta inesorabilmente l’identità delle persone che da essa sono travolte, producendo un profondo senso di smarrimento e di solitudine, insieme alla perdita di realtà e al senso di impotenza: “Guardavo fissamente le mie stesse mani verificando ogni tanto la loro realtà. E’ l’effetto sconfitta di una tale guerra su quelli che l’hanno passata liscia, quelli che non vengono feriti e uccisi: questi perdono fiducia nella realtà o almeno nella loro esperienza della realtà; perdono il mondo così come io ho perso la mia casa mentre la guardavo e scoprivo quanto era bella” (Karahasan D. Il centro del mondo); “Non per una pallottola o per una granata, ma il tuo equilibrio mentale sarebbe saltato e saresti finita in un vuoto dove nessuno avrebbe più potuto raggiungerti” ( Drakulic S. Balkan Express).
Una voce narrante questi e altri brani, estratti dalle opere di diversi autori (Foucault M. Storia della follia; Nietzsche F. Frammenti postumi; Merini A. – dalla raccolta di poesie scritta in manicomio Terra Santa; Laing R.D. L’io diviso), accompagna la visione delle fotografie.
La mostra rappresenta la testimonianza di un percorso di ricerca dell’autrice sul tema della finitudine umana, in particolare in contesti in cui questa si manifesta con evidenza come esperienza del tragico, cominciato negli anni di studi universitari di filosofia e sfociato in esperienze di impegno di lavoro nel sociale.
La mostra verrà inaugurata lunedì 21 maggio 2001 alle ore 18,30 negli spazi espositivi dell’associazione culturale Maché in via della Consolata 9/g , in cui rimarrà fino al 15 giugno 2001
Orario di visita: lun/mer 17-1, gio/sab 19-2 o su appuntamento telefonando al numero 011.4364122